Cannabis Light in Italia: Aggiornamento 2021 sulla Situazione Legislativa Italiana – Parte 2/2
Questa è la seconda parte dell’articolo avviato la scorsa settimana, che vi suggeriamo di leggere prima di questo per avere un quadro completo su quanto è successo nel mondo della cannabis legale italiana nel corso del 2020, e ad oggi (febbraio 2021).
Abbiamo chiuso la prima parte dell’articolo ricordando l’ultima mazzata ai grow shops da parte della Corte di Cassazione, che con una sentenza di settembre 2020 (Cassazione Penale, sezione IV, sentenza 17 settembre 2020, n. 26157) ha stabilito che vendere semi di cannabis associando un manuale di coltivazione è istigazione a delinquere.
Il 2020 è stato così negativo che non poteva non concludersi con una picconata finale all’industria della cannabis legale, e di nuovo dal fronte istituzionale e politico. A fine ottobre 2020 infatti un decreto del ministro della Salute Speranza, in barba alle legislazioni vigenti, ha inserito le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis” nella tabella dei “medicinali a base di sostanze attive stupefacenti”. La notizia ha sconvolto l’intera industria della cannabis light italiana, e anche la politica italiana di sinistra.
La ragione dietro le scelte del ministro Speranza, come riportato da un articolo del quotidiano La Stampa, erano semplici. Praticamente a giugno del 2018 è stato approvato per il mercato americano il primo farmaco a base di cannabidiolo ottenuto da cannabis medica, autorizzato per il trattamento di due forme di epilessia farmacoresistente. A giugno 2019 è arrivato anche l’ok dell’EMA (European Medicines Agency) per la commercializzazione in Europa, e il farmaco dovrà arrivare in Italia a breve.
Interpretando il decreto nella visione più restrittiva, tutti i prodotti a base di CBD diventano illegali e non potranno essere prodotti o commercializzati se non dopo essere stati approvati come farmaco dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Questa interpretazione avrebbe lasciato intendere che sul fronte della produzione dovessero essere autorizzate solo le aziende farmaceutiche, e su quella della commercializzazione solo i farmacisti, con tutte le specializzazioni, autorizzazioni e licenze necessarie.
Sono stati tanti i commenti a questa ultima brutta notizia per l’industria italiana della cannabis legale; legalità che si sta distruggendo a picconate mentre si mette a repentaglio un’industria che vale oltre 150 milioni di euro e che mette a repentaglio occupazione giovanile e sviluppo della green economy. Ma niente paura, dopo solo 10 giorni il ministro Speranza è ritornato sulle sue decisioni ed ha sospeso il decreto che aveva mandato nel panico il settore.
Tra le principali critiche che il decreto aveva sollevato si segnala quella di Luca Marola, il creatore del marchio EasyJoint, che sottolinea nell’articolo citato come l’applicazione pedissequa del decreto del ministro Speranza “lascia mano libera alle Procure; le più intransigenti potrebbero mettere i sigilli ai negozi e in ogni caso mandare in crisi tutto il mercato”. Marola, approfittando dell’occasione, ha segnalato anche un altro punto a sfavore dell’industria della cannabis legale italiana, che non molti avevano notato.
Marola ha criticato la decisione del direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che, sempre nel mese di ottobre 2020, ha introdotto un nuovo elemento per i negozianti, un’autocertificazione del proprietario del negozio in cui si promette di non trattare prodotti derivati dalla canapa, pena il diniego dell’autorizzazione. Di fatto i Monopoli hanno richiesto ad esercizi di vicinato, farmacie e parafarmacie “che vendono o hanno intenzione di vendere al pubblico dei prodotti da inalazione senza combustione, costituiti da sostanze liquide, con o senza nicotina, di autocertificare l’impegno a non commercializzare o detenere foglie, infiorescenze, oli, resine, o altri prodotti contenenti sostanze derivate dalla canapa sativa”. In mancanza dell’autocertificazione dell’esercente dell’impegno a non vendere prodotti illegali non si potrà ottenere il rilascio di autorizzazioni e rinnovi.
Il provvedimento dei Monopoli di Stato fa riferimento al parere del Consiglio Superiore di Sanità, per il quale “non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, qualunque sia il contenuto percentuale di delta-tetracannabinolo”. Da segnalare che sia il provvedimento dei Monopoli sia il parere del Consiglio Superiore di Sanità vanno in controtendenza con le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che fin dal 2018 ha eliminato il CBD dalla lista di sostanze stupefacenti e psicotrope La posizione dell’OMS è stata recepita anche dall’ONU, che a dicembre 2021 ha finalmente eliminato la cannabis dalla lista delle sostanze dannose, riconoscendone invece le proprietà mediche.
Il primo effetto della misura adottata dai Monopoli è stata la decisione di molte tabaccherie di smettere di vendere prodotti di cannabis legale, decisione sostenuta anche da una confusione generalizzata creata dalla FIT, la Federazione Italiana Tabacchi che riunisce circa l’80% degli oltre 50.000 tabaccai italiani. La FIT ha contribuito a creato confusione tra gli esercenti annunciando sanzioni per chi vende prodotti cannabis legale, come successo in Trentino alla fine del 2019, o invitando a sospendere le vendite di canapa light e derivati in attesa delle decisioni finali della Cassazione, come dall’articolo a firma del Presidente FIT pubblicato sul magazine della Federazione, La Voce del Tabaccaio.
Ma la Federazione probabilmente non ascolta le vere voci dei tabaccai; di fatto, ce ne sono tanti di opinione diversa. E’ proprio di luglio 2020 un’azione condotta da un gruppo di oltre 700 tabaccai italiani che scrive una “lettera aperta alla FIT” avanzando varie richieste di tutela della categoria in relazione a diverse tipologie di prodotti e servizi da tabaccheria. La lista include un punto dedicato alla “Canapa Sativa”, che letteralmente riporta: “In merito alla vendita della canapa sativa (cosiddetta cannabis light) chiediamo che la FIT presti massima attenzione alla questione. Se ci dovesse essere una regolarizzazione del settore ne chiediamo l’esclusività di vendita. Non vogliamo farci scappare l’ennesimo business come avvenuto con le sigarette elettroniche.”. Qui il link alla lettera aperta del gruppo di tabaccai, scoperto grazie ad un articolo di un altro dei nostri magazine preferiti di settore, DolceVita.
La ragione per la misura di certificazione adottata dai Monopoli però è chiara. Non è una guerra al mercato della cannabis legale, ma una strategia per accaparrarselo, come echeggiato appunto anche dai tabaccai della lettera aperta. Infatti proprio in quei giorni il Direttore dei Monopoli era andato ufficialmente ad illustrare gli obiettivi di politica fiscale 2020-2022 alla Commissione Finanze del Senato, e non aveva perso l’occasione di ricordare che l’intero settore della cannabis light ha bisogno di maggiori regolamentazioni su tutta la filiera, e che dovrebbe essere soggetto alla gestione del Monopoli. Se siete interessati ad approfondire il tema, vi invito alla lettura di un articolo dello scorso novembre che, analizzando la posizione dei Monopoli sulla cannabis legale, si intitola La lunga mano del Monopoli sulla cannabis light.
Quante brutte notizie, ma in realtà l’estate del 2020 portava un’altra ventata di speranza all’industria della canapa legale italiana, quando il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF), con un decreto del 23 luglio 2020, menziona la “canapa sativa infiorescenza” a usi estrattivi tra le piante officinali, stabilendone anche il prezzo unitario massimo per la determinazione dei valori assicurabili al mercato agevolato e per l’accesso ai fondi di mutualizzazione 2020. Questo decreto è rilevante in quanto le sostanze stupefacenti sono escluse dal novero delle piante officinali, quindi l’inserimento di infiorescenze di canapa legale tra le piante officinali da parte del MIPAAF sottolinea di fatto come la pianta non costituisca una sostanza stupefacente.
Ne consegue cha la canapa legale potrà essere coltivata e trasformata (se proveniente da varietà certificate con tenore di THC come previsto dalla legge) non solo per le finalità elencate dalla Legge 242 del 2016 (che include alimenti, cosmetici, semilavorati, bioedilizia), ma anche quale pianta officinale come previsto dal Decreto Legislativo 75/2018, aprendo le porte a un mercato di oli essenziali, terpeni e altri estratti dalle infiorescenze di cannabis legale prodotte e commercializzate a norma di legge. Ma soprattutto, come conclude l’articolo che abbiamo linkato, finalmente la canapa sativa viene inserita in un documento a carattere agricolo insieme ad altri prodotti quali vino, frumento, frutta ed ortaggi, affermando un punto chiave della questione: la canapa sativa è un prodotto agricolo ed una pianta officinale dagli indiscussi benefici, non una droga.
Il nostro viaggio nelle vicende del pianeta canapa 2020 chiude con una nota di colore positiva, e un segnale importante per l’industria della canapa legale. Mentre i “comuni mortali” dell’industria della canapa legale hanno dovuto fare lo slalom tra un decreto, una sentenza e, a chi è andata male, una multa o un sequestro, ci sono anche state realtà italiane che hanno fatto il salto di qualità in termini di comunicazione e di posizionamento sul mercato. E’ il caso dell’azienda milanese JustMary che ha deciso di investire in modo deciso nel settore dello sport, diventando sponsor ufficiale di tre squadre di calcio di serie A (Sampdoria, Udinese e Verona), e di un paio di squadre di pallacanestro, a partire dal Messina, e dalla squadra di basket femminile di Capri. Mi sa che abbiamo scoperto chi è che ha fatto incassi del 300% durante il lockdown…
In conclusione di questo lungo resoconto iniziato la scorsa settimana: chi ha investito e creduto nel settore della canapa light, come noi di Harvin con i nostri distributori automatici di cannabis legale, ma soprattutto le centinaia di imprenditori agricoli e di commercio che sono l’anima della green industry, ha certamente avuto un 2020 con le palpitazioni, e non solo per il covid. Le altalene giuridiche, le interpretazioni tra una multa e l’altra, e l’incertezza che ha regnato nel settore, unita alle difficoltà economiche causate dalla crisi pandemica, hanno portato a chiudere molte delle aziende che nelle fiere della canapa 2019 sembravano invece promettere bene. Un vero peccato.
Noi di Harvin abbiamo perso vari clienti, ma abbiamo creduto nel mercato della canapa light ed abbiamo resistito, anche supportando la resilienza dei clienti che, come noi, hanno affrontato la tempesta sapendo che prima o poi sarebbe arrivato il bel tempo. Abbiamo visto crescere e supportato la crescita di diverse aziende di settore proprio grazie ai distributori automatici di cannabis legale, che durante i lockdown e le chiusure per “colori”, a parte i canali ecommerce, sono risultate essere se non le uniche, almeno le principali fonti di incassi per molti dei nostri clienti.
Insomma, seppur tra tante difficoltà ed incertezze politiche e legislative, così tipiche del nostro Bel Paese, noi restiamo ottimisti circa la crescita futura del mercato italiano della cannabis legale.
Se anche voi condividete il nostro ottimismo e state pianificando di estendere i vostri orizzonti di business, contattate il team Harvin, saremo contenti di supportarvi nella vostra crescita con la nostra linea di distributori automatici di cannabis legale e prodotti CBD. Non dimenticate di seguire gli articoli del nostro blog e i nostri aggiornamenti su Facebook, Instagram e YouTube.